Recensione: Jupiter’s Legacy – Volume 1

Recensione: Jupiter’s Legacy – Volume 1

Come ogni grande storia che si rispetti tutto ha inizio con un sogno, una visione, un ideale da inseguire e per il quale lottare, essere disposti a tutto, persino a morire. Una forte ideologia nazionalista unita a una ferma convinzione in un possibile risorgimento degli Stati Uniti d’America dalla palude della Grande Crisi nata dopo il crollo della Borsa di Wall Street del 1929, sono i sentimenti che spingono un giovane e intrepido Sheldon Sampson a partire per un viaggio verso l’ignoto, per rispondere alla chiamata che giunge da un’isola persa nell’Atlantico. Radunata una ciurma, tra cui il fratello Walter e la bella Grace, può avere inizio l’avventura, un’avventura che vedrà la nascita dei primi supereroi, che vedrà una nazione risorgere, difendere la libertà dal giogo nazista, conquistare lo spazio, proteggere il mondo.

Queste le premesse della nuova opera di Mark Millar, Jupiter’s Legacy, affidata alle splendide matite di Frank Quitely ed edita da Panini Comics in un elegante volume cartonato che raccoglie i primi quattro numeri della serie originale. Dopo aver assistito all’alba di una nuova epoca in cui uomini dotati di superpoteri si sono elevati dalla massa per dare l’esempio e hanno spinto fuori dal guado un paese, giungiamo ai giorni nostri, un’epoca in cui valori come onore, rispetto e responsabilità sono stati svuotati e privati di ogni contenuto. Un’epoca in cui le nuove generazioni hanno perso lo slancio verso la vita, trincerati dietro i falsi idoli generati da una cultura consumistica troppo impegnata a creare il nuovo oggetto del desiderio. Un vecchio Utopian, alter ego di Sheldon Sampson, e sua moglie Grace, Lady Liberty, vedono ogni giorno i propri figli, Brandon e Chloe, crescere in un agio e uno sfarzo eccessivo, assistono attoniti e delusi al declino degli ideali e di quel sogno dal quale tutto ha avuto inizio. Viviamo in una nuova stagione di sofferenza e depressione economica, questa volta il nemico è in casa e non ha il volto di Hitler o Mussolini, ma veste bene, guida auto di lusso e gestisce l’apparato politico e burocratico del paese. Di fronte a questa deriva le soluzioni proposte da Utopian risultano anacronistiche e il suo immobilismo genererà reazioni forti nella comunità supereroistica che, guidata dall’astuto e machiavellico Walter, sovvertirà l’ordine esistente e condurrà l’umanità verso un futuro dispotico travestito da democrazia illuminata e futuristica. C’è ancora speranza per l’umanità o il salto verso il baratro è stato già compiuto?

In passato Millar si è imposto al grande pubblico per la sua capacità iconoclasta e da grande conoscitore del media fumetto è stato in grado di mettere a nudo le ipocrisie e le contraddizioni di un mezzo che ha assunto sempre maggiore impatto sulla cultura generale. Scomponendo le sue componenti ha denunciato una situazione che la stragrande maggioranza dei lettori sceglie volontariamente di tralasciare, fingendo di non vederla: Il Re è nudo, sembra gridare Millar attraverso le parole e le azioni di Walter Sampson, e, con la sua consueta arguta e pungente penna, distrugge un l’immaginario supereroistico che un personaggio come Utopian rappresenta. Gli eroi potrebbero contribuire alla salvezza del mondo visti i loro poteri e le loro abilità ma, invece, si limitano a un ruolo passivo, di chi combatte qualche nemico in calzamaglia confidando nel governo statunitense, scaricando così il problema sugli altri.

Non solo critica al fumetto, l’autore scozzese non si ferma qui e approfondisce un altro aspetto che caratterizza questo lavoro: la conflittualità tra genitori e figli, quel contrasto generazionale che da sempre contraddistingue la nostra e altrui esistenza. Brandon incarna un contemporaneo Edipo che risponde a uno dei paradigmi umani: i figli devono uccidere i padri. Non sappiamo quanto consapevolmente o consciamente lo faccia (il sospetto è che un grosso aiuto possa essere giunto dalle manipolazioni mentali dello zio Walter), ma per uscire da quella condizione di dipendenza fisica e mentale che lo lega ai genitori deve liberarsi di un fardello enorme. Questo passaggio rappresenta anche il superamento di un modello educativo e culturale proposto da una generazione ormai vecchia e obsoleta, la rielaborazione di un insieme di ideali e dottrine secondo la propria personalità, la realtà storica in cui si è cresciuto, il ruolo cui si è destinati a ricoprire. La paura che emerge in queste pagine, però, è che questo patricidio sia stato del tutto inutile. Dopo aver demolito la società di suo padre Brandon non è riuscito a costruire nulla, o meglio, a costruire un nuovo modello sociale autoritario e privo di valori etici.

E in questo punto, scendendo ulteriormente nella lettura, che Millar affronta anche la questione politica, ben nascosta sotto mantelli e guerre di successione. Il dualismo tutto americano che vede contrapporsi democratici e repubblicani, in una lotta di potere che ha contraddistinto questa nazione sin dalle sue origini assume le sembianze dei massimi rappresentati della comunità dei supereroi. I repubblicani, e la loro idea di una classe di governo, un’aristocrazia idealizzata, capace di risollevare le sorti del paese e intrisa di spirito di servizio (Utopian/Sheldon), si contrappongono al governo del demos, del popolo, si oppongono alla tecnocrazia a vantaggio di un coinvolgimento di tutti nella gestione della cosa comune. Certo, il potere è un facile e sicuro veleno, in grado di corrompere anche il più nobile degli esponenti politici. Il pragmatismo politico di Walter, che parte da ideologie socialiste e liberali, si trasforma ben presto in una deriva autoritaria atta a preservare la posizione acquisita. Il superuomo nicciano si erge oltre la morale comune, si traveste da Dio consapevole del proprio ruolo e dei propri mezzi, e diventa arbitro del destino altrui.

Il grande impianto narrativo creato da Millar, fuso al suo storytelling carico di tensione e ritmo, sono sostenuti dall’ottima prova di un Frank Quitely in assoluto stato di grazia. Che si tratti di un primo piano o di una fase concitata della battaglia poco importa, ogni immagine è densa di espressività e dinamismo, caratteristiche che esaltano l’anima avventurosa e, allo stesso tempo, riflessiva di quest’opera. La tavola mantiene lungo questi primi quattro capitoli una struttura regolare con un numero di vignette che varia in base alle fasi della storia. Il tratto realistico dell’autore scozzese rifugge l’ipertrofismo supereroistico americano per virare verso lidi più europei che in precedenza ha contribuito a scrivere storie entrate a far parte della narrativa a fumetti.

Questo primo volume di Jupiter’s Legacy rappresenta l’ennesima prova di grande spessore realizzata dall’arguta mente di Mark Miller e conferma la bontà e validità di un progetto, il Millarworld, di assoluto valore narrativo e commerciale. Non è facile trovare tra gli scaffali di librerie e fumetti opere di questa portata, che trattano argomenti spesso abusati (il conflitto generazionale) e spinosi (la questione politica, il ruolo del fumetto oggi) senza scadere mai nel banale e nello scontato. Millar, ancora una volta, ci è riuscito.

Pasquale Gennarelli

jupiters legacy volume 1 cover

• TITOLO: Jupiter’s Legacy
• EDITORE: Panini Comics
• TESTI: Mark Millar
• DISEGNI: Frank Quitely
• CHINE: Peter Doherty
• COPERTINA: Frank Quitely
• FORMATO: 17 X 26 cm, Cartonato, 136 pagg., colore
• PREZZO: 16,00 €
• DATA D’USCITA: Febbraio 2016

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